I massaggiatori olistici in qualche modo lo conoscevano già, e ne avevano trovato i punti principali dove esso si “bloccava” più frequentemente: di cosa stò parlando? Del tessuto connettivo.
Ma per la scienza è una scoperta recente LEGGI L’ARTICOLO DELL’ANSA DEL 2018
Sul trattamento di questo tessuto, o meglio sul trattamento di specifici punti in cui esso si blocca e si addensa, si basa la tecnica del “Rimozione dei blocchi miofasciali”
Ci sono infatti dei punti specifici per ogni piano (anteriore, posteriore, laterale, mediale) e per ogni zona (capo, collo, tronco, arto superiore, arto inferiore) che possono, a causa di un loro blocco interferire con altri organi o apparati. Perchè questo succede? Perchè il tessuto connettivo è un insieme di fasce che uniscono, racchiudono, separano, avvolgono, muscoli e organi, ed è inoltre collegato con il sistema nervoso e con (l’altrettanto importante e di cui si parla poco) sistema linfatico. Questa sua grande imlicazione con il tutto, lo fa diventare uno dei protagonisti (nel male, ma anche nel bene come vedremo) di molte problematiche.
A seconda della dislocazione precisa del punto connettivale bloccato, esso può essere l’espressione del problema che lo ha causato, ma allo stesso tempo è anche lo strumento con cui curarlo…Faccio un esempio banale.
Problemi, purtroppo molto frequenti, di dolori cervicali, i quali innescano anche emicranie, nausea e vertigini, possono originare, o essere originate da dei blocchi del tessuto connettivale, da ritrovarsi nella zona del muscolo mesentere, sternocleidomastoideo, trapezio, ma anche in altre zone della zona alta della schiena, e non solo. Questi blocchi potete immaginarli come un indurimento, un irrigidimento, una diminuita scorrevolezza tra due tessuti.
Queste situazioni sono sempre una strada a due vie, nel senso che se, come nell’esempio, problematiche di cervicalgia hanno innescato dei blocchi miofasciali, è anche vero che, saperli individuare e trattare affinchè si sblocchino, indurrà un beneficio diretto (o indiretto, dipende dal punto bloccato) alla cervicale, grazie al beneficio che, una ritrovata scorrevolezza uniformità e morbidezza del tessuto, induce ai muscoli, articolazioni e organi connessi.
Questo semplice esempio dà l’idea di come anche altre problematiche possono essere trattate attraverso lo sblocco miofasciale.
Già, ma come si agisce sul tessuto? Innanzitutto è necessario un’attenta anamnesi del problema, a cui segue una palpazione dei punti miofasciali ad esso connessi. Una volta individuati dall’operatore verranno sciolti con l’ausilio di tecniche manuali specifiche. Questo trattamento verrà eseguito per 2,3,4 volte fino alla sparizione del blocco nei punti in questione.
E’ poi interessante sapere che non solo problematiche “meccaniche”, come appunto la cervicalgia, mal di schiena, tunnel carpale, o dolori ad articolazioni, ma anche problematiche come fiato corto, stipsi, e mal di testa sono correlate e trattabili attraverso lo sblocco dei punti miofasciali. Infine, ma non per ordine di importanza, essi possono essere usati anche per il trattamento di stati emozionali, come ansia, paure e depressione: come abbiamo già visto in altri articoli nel sito, questi stati emozionali danno luogo anche a problematiche fisiche, che a loro volta creano blocchi miofasciali. Ve lo ricordate quanto detto prima sulla strada a due corsie? Ecco dunque che il trattamento di questi punti, induce un effetto domino che va, nel percorso opposto ad apportare dapprima beneficio all’organo, e subito dopo, alla disfunzione emozionale(psicosomatica) che l’ha creata.
Questo in buona sintesi è uno dei trattamenti che proponiamo allo Studio L’alternativa, in abbinato, o meno alla nostra ormai conosciutissima riflessologia plantare, e all’irrinunciabile traduzione emozionale dei sintomi.
Marco Boschet e Ketty Deon
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